Barack Hussein Obama

Tredici presidenti – la vita, l’azione di governo, l’impatto che hanno avuto sull’America (e oltre) – raccontati in forma di una chiacchierata – non sempre seria. A fare le domande, Riccardo Alcaro, coordinatore delle ricerche dell’Istituto Affari Internazionali. Chi risponde è Mario Del Pero, illustre americanista e Professore di Storia Internazionale presso SciencesPo a Parigi.

Oggi parliamo del 44° presidente degli Stati Uniti, il Democratico Barach Hussein Obama, in carica dal 2009 al 2017.

Obama ha libertà di governare sul piano domestico solo per il biennio 2009-10 in cui i Democratici controllano tanto la Camera quanto il Senato, dove peraltro hanno una supermaggioranza di 60 senatori (fino alla morte di Ted Kennedy). Dopo che i Repubblicani torneranno a controllare la Camera (dal 2011) e poi il Senato (dal 2015), di fatto Obama riuscirà a fare poco in politica interna, e tutto quello che farà (in particolare sul fronte delle regolamentazioni ambientali e della protezione dei migranti entrati negli USA come minori o neonati) sarà soggetto a cause legali, a volte perse dell’Amministrazione.

Nei due anni in cui può governare Obama ha due priorità: continuare e anzi accelerare la gestione della macro-crisi del 2008 e avanzare un’agenda di governo di ispirazione democratica. L’azione dell’Amministrazione Obama si traduce soprattutto nella promozione di tre grandi leggi approvate dal Congresso: La prima è il grande stimolo fiscale (del valore di circa 900 miliardi di dollari; la seconda legge è il Wall Street Reform and Consumer Protection Act, la riforma del mercato finanziario nota come Dodd-Frank; l’ultima grande legge fatta varare da Obama è naturalmente il Patient Protection and Affordable Care Act, ovvero la grande riforma sanitaria nota come Obamacare.

In politica estera Obama abbandona la retorica della Guerra Globale al Terrore, ma intensifica l’uso di droni per colpire sospetti terroristi, nonostante le controversie legali ed etiche per le vittime civili. In Europa rilancia la collaborazione con l’UE, che vede come un pilastro dell’ordine globale a guida americana e opera il reset con la Russia di Putin (ottenendo aiuto sull’Afghanistan, Iran e New Start); ma non prevede – e non si oppone con sufficiente durezza all’invasione russa dell’Ucraina del 2014 che risulta nell’annessione della Crimea e la destabilizzazione del Donbas. Le difficoltà in Medioriente ed Europa gli impediscono di dare maggiore sostanza al famoso pivot to Asia. Mantiene però relazioni molto buone con l’India e relativamente cordiali con la Cina, nonostante quest’ultima si faccia più aggressiva nel Mar cinese meridionale e sul fronte dello spionaggio.

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