In questo podcast – primo episodio della docuserie “Il Mossad. Successi e fallimenti del più grande e temuto servizio segreto al mondo” – l’analista strategico Gianluca Ansalone (Docente di Geopolitica al Campus Biomedico di Roma-Università di Roma Tor Vergata) racconta la cattura di Adolf Eichmann, uno degli architetti nazisti della “Soluzione finale”.
Nel dicembre 1944, prima che potesse completare la deportazione degli ebrei di Budapest e pochi giorni prima che la capitale ungherese cadesse in mano all’Armata Rossa, Eichmann si rifugiò frettolosamente in Germania. Poco dopo fu catturato dagli americani, che lo colsero mascherato sotto il falso nome di Otto Eckmann. Dopo essere fuggito dal campo di detenzione americano nel gennaio 1946, si nascose per alcuni mesi in una fattoria e andò a vivere nella zona di occupazione britannica sotto l’identità di Otto Henninger. Come molti criminali nazisti, nel 1950 ottenne un “certificato di indulgenza” della Chiesa cattolica, che gli permise di imbarcarsi clandestinamente dall’Italia all’Argentina sotto la falsa identità di “Ricardo Klement”.
In quel periodo, l’Argentina era diventata un rifugio sicuro per migliaia di criminali nazisti che arrivavano attraverso la cosiddetta “via dei topi”. Sotto falso nome, Eichmann fu assunto nell’officina della Mercedes-Benz. Nel 1952 la moglie e i figli lo raggiunsero.
Il ruolo significativo di Eichmann come uno degli architetti della “Soluzione Finale” degli ebrei europei cominciò a emergere alla fine degli anni Quaranta. Fin dai primi anni Cinquanta, proliferarono le voci che sostenevano che egli si trovasse in Sud America, come i servizi segreti della Germania occidentale e degli Stati Uniti avevano già appreso con certezza. Ma fu grazie alla determinazione e alla perseveranza di alcuni individui decisi a svelare la vera identità di “Ricardo Klement” che gli agenti del Mossad israeliano lanciarono una caccia che si concluse con la cattura di Eichmann l’11 maggio 1960.
Fritz Bauer, il procuratore generale (ebreo) dello Stato tedesco occidentale dell’Assia, agendo al di fuori del suo ruolo formale per timore che un’azione ufficiale potesse ostacolare il successo dell’operazione, trasmise al governo israeliano precise informazioni sulla posizione di Eichmann. Lothar Hermann, un sopravvissuto all’Olocausto di origine tedesca emigrato in Argentina, spinse il Mossad ad agire sulla base di informazioni particolarmente credibili ricevute dalla figlia Sylvia, che aveva legami sentimentali con uno dei figli di Eichmann, Klaus. A ciò si aggiunge la vigorosa attività del cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal e dell’agente del Mossad Manus Diamant, che ha trovato un ritratto fotografico di Eichmann risalente agli anni della guerra. Ognuno di loro, a modo suo, preparò la strada al Mossad per pianificare ed eseguire l’operazione di rapimento.
La squadra comprendeva: Rafi Eitan, Peter Malkin, Zvi Aharoni e Moshe Tabor. L’operazione fu condotta sotto il comando del capo del Mossad Isser Harel con l’appoggio del Primo Ministro David Ben-Gurion. Dopo aver catturato Eichmann vicino alla sua casa di via Garibaldi, in un sobborgo di Buenos Aires, i suoi rapitori lo portarono di corsa in un luogo di occultamento. Sotto interrogatorio, Eichmann ammise la sua vera identità e firmò un documento in cui dava il consenso a essere processato in Israele. Undici giorni dopo fu trasportato clandestinamente in Israele su un aereo di linea della El Al.