Il gioco del calcio nacque a Firenze, molti secoli prima che gli inglesi inventassero il “football”. In questo senso nessuna partita eguaglierà forse mai per intensità quella che si disputò in piazza Santa Croce il 17 febbraio del 1530, con la città sotto assedio e destinata di lì a poco a cadere. Giocando al calcio storico (o calcio in costume), i fiorentini celebravano e ancora celebrano ogni 24 giugno il loro antico legame con Roma. La disciplina ricorda infatti un sollazzo di remoti tempi: l’harpastum, conosciuto anche come gioco della palletta. Simile l’obiettivo e analoga la disposizione in campo su quattro linee. “Bellissima e famosissima figlia di Roma”, aveva scritto Dante. La città nacque infatti in epoca romana, anche se ben pochi segni visibili ce lo ricordano. Nel castrum le strade minori si innestavano parallele a cardo e decumano, formando per effetto dei loro incroci un totale di 49 isolati. In uno soltanto non potevano transitare i veicoli: il foro lastricato in marmo con il Campidoglio eretto per omaggiare la triade capitolina formata da Giove, Giunone e Minerva. All’incrocio tra cardo e decumano si stagliava una colonna: il mundus sacrificale, l’ombelico di Florentia. Siamo nell’odierna piazza della Repubblica, il centro della Firenze contemporanea. Per immaginare quella che fu un tempo “Florentia” serve oggi uno sforzo di fantasia. Ma qualche simbolo, seppur postumo, ci aiuta. Iniziamo da lì. Dalla colonna di piazza della Repubblica, ad esempio, collocata con funzione propiziatrice per il mercato che l’avrebbe contornata nello stesso punto in cui si trovava il mundus. La prossima volta che fissiamo di ritrovarci ai suoi piedi, come spesso succede prima di una “vasca” in centro, proviamo a ricordarci che tutto è nato in quel punto. È un cuore ormai anziano, ma se tendiamo l’orecchio possiamo accorgerci che batte ancora. Ascoltiamolo.
In questo podcast il giornalista Adam Smulevich racconta il fascino di una Firenze che non c’è più. Smulevich ha scritto “Firenze. Storia della nobile città illustrata con opere del Borbottoni”, Storie per La piccola casa editrice di Giovanni Santarossa.