La nostra scoperta del Cosmo è stata più complicata di come ci viene raccontato di solito: non si è trattato solo di una progressione di teorie, esperimenti di laboratorio e dibattiti asettici fra scienziati in camice bianco, ma anche di lotta di sopravvivenza animale, evoluzione del corpo e del cervello, esplorazione della savana originaria, dei continenti e degli oceani, e infine di scontro di filosofie, religioni e superstizioni. Una storia della scoperta scientifica dovrebbe tener conto di tutti questi aspetti. E dovrebbe farlo partendo dalle fondamenta bio-sociali della nostra specie, se è vero, come ha detto il Premio Einstein Tullio Regge, che “l’essere umano è un prodotto dell’evoluzione darwiniana. La sua struttura mentale e le sue categorie logiche sono state influenzate dalla lotta per la sopravvivenza nella natura in cui si è evoluto. Conosciamo intuitivamente quelle leggi naturali e quelle regole matematiche che ci permettono di sopravvivere. Questa impostazione di fondo ci impone una visione sostanzialmente antropomorfa del mondo che ci circonda”. E questo ha continuato a valere anche quando abbiamo fatto nostri (con la mente) i pianeti, le stelle, le galassie, l’Universo e persino – ultima prospettiva, ancora controversa – gli infiniti Universi paralleli.
Sulla base di anni di interviste a scienziati di varie discipline, inclusi diversi Premi Nobel, Luigi Grassia, giornalista e saggista, affronta questi e altri argomenti in questo podcast e nel libro Quell’osso di babbuino lanciato nell’Universo. Una storia per aneddoti di come abbiamo scoperto il Cosmo, Mimesis Edizioni, 2024.