Tredici presidenti – la vita, l’azione di governo, l’impatto che hanno avuto sull’America (e oltre) – raccontati in forma di una chiacchierata – non sempre seria. A fare le domande, Riccardo Alcaro, coordinatore delle ricerche dell’Istituto Affari Internazionali. Chi risponde è Mario Del Pero, illustre americanista e Professore di Storia Internazionale presso SciencesPo a Parigi.
Parliamo del 40° presidente degli Stati Uniti, il repubblicano Ronald Reagan.
Reagan è un presidente che ha alimentato giudizi estremamente diversi: per i conservatori è l’eroe che ha servito il mercato contro lo stato e la causa della libertà contro il comunismo (è a lui che attribuiscono la vittoria nella Guerra Fredda); per i progressisti, è l’ideologo classista e razzista che ha deliberatamente perseguito lo smantellamento della rete sociale a supporto delle classi più povere (in particolare tra le minoranze razziali) e rischiato di scatenare la terza guerra mondiale, salvato solo dalla fortuna e dall’ascesa di Gorbaciov a Mosca.
L’opinione pubblica USA lo tiene in alta considerazione, un po’ per la vicinanza storica, un po’ per la nostalgia verso un decennio – gli anni Ottanta – in cui politica, media e industria dell’intrattenimento tornarono a remare nella stessa direzione dopo le contestazioni del ventennio Sessanta-Settanta, dipingendo un quadro di una nazione forte, fiduciosa, libera e sempre più ricca. Gli storici ne hanno un’opinione più critica: nei ranking degli storici degli ultimi vent’anni Reagan è generalmente inserito tra la nona e la diciottesima posizione.